Il Dono di un trapianto
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Messaggio Da MARI Lun Giu 28, 2010 1:55 pm

Ciao a tutti
ho subito il trapianto rene-pancreas 3 anni fa, dopo 25 anni di diabete tipo 1.
Per una serie innumerevole di coincidenze sono venuta a sapere il nome del donatore e dove abitava (peraltro nella mia stessa provincia).
Il mio trapianto è stato molto complicato anche se ora sto benissimo.
Nei 23 giorni di ricovero ho avuto un'emorragia interna, un arresto cardiaco e una polmonite con doppio versamento pleurico. Per cui me la sono vista proprio brutta.
Da quando sono stata dimessa sto benissimo ma ho una voglia infinita di andare a conoscere i genitori di quell'angelo che mi ha donato gli organi.
Voi cosa ne pensate? E' corretto, è sbagliato, è egoistico?
Grazie
Mari

MARI

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Messaggio Da Dott. Paliotti Ven Lug 02, 2010 5:13 pm

Ciao Mari innanzi tutto complimenti da noi tutti per la salute e la gioia riacquistata!
La questione che sollevi è moto delicata.
Credo che dopo un trapianto un po' tutti si pongano domande sul donatore, sul quel che è accaduto, sulla sua famiglia.
Alcuni come te hanno il desiderio di conoscerli, magari solo per dire un "grazie" infinito, per testimoniare che attraverso il loro gesto hanno contribuito a una rinascita, altri invece non potrebbero emotivamente affrontare un tale incontro, ché non saprebbero come rapportarsi nemmeno con se stessi.

Inoltre occorre rispettare le reazioni e i sentimenti di coloro che hanno vissuto il dolore per la perdita di una persona cara.

Io comprendo il tuo desiderio ma, a prescindere da leggi istituzionali che tengono a preservare l'anonimato, occorre ben valutare che un incontro tra colui che ha ricevuto il grande dono e la famiglia del donatore, costituisce un po' un avventurarsi su un terreno minato e non è possibile prevedere le conseguenze di tale incontro.
Conseguenze che vanno valutate da entrambi i lati.

Occorre considerare che non è possibile valutare fino in fondo la tua reazione nel momento dell'incontro. Così come non è possibile prevedere quali effetti la tua presenza possa suscitare in coloro che hanno perso un persona cara e che stentano a trovare un equilibrio.

Dipende dalle persone e dal vissuto di ognuno.
E se razionalmente si ritiene possa essere giusto incontrarsi quasi come dare un senso, alleviare il peso della vita in ambo le parti, occorre considerare che spesso la razionalità cede all'emozione, all'emotività.

Questo è valido sia per coloro che hanno ricevuto il dono sia per coloro che hanno acconsentito che ciò avvenisse.
Un genitore, una moglie, un marito, potrebbe desiderare ardentemente conoscere chi testimonia con la sua rinascita il senso della vita e della perdita di una persona cara, e magari immagina di poter in qualche modo "ritrovare" parte del proprio affetto, ma rischierebbe di continuare a rinnovare l'immenso dolore del lutto. Altri invece non potrebbero sfuggire ad amare, umane, considerazioni, pur sapendo che non è colpa di nessuno

Ma mettiamo che tutto fili liscio, che loro ti accolgono con grande gioia e partecipazione e non manifestano il loro dolore. Anzi, come dei genitori che ti accolgono come una figlia. Non potrebbe verificarsi in loro l'illusione di ritrovare parti del loro congiunto? E come potrebbe evolvere questa situazione? Magari sono talmente felici che iniziano a far parte della tua vita e tu della loro.
Ma è questo che vuoi?
Quanto può giovare a te o a loro?
Credo che occorra valutare bene le conseguenze.

Una trappola psicologica, ben identificata in ambito scientifico internazionale, è una sorta d'identificazione del trapiantato con il donatore, con conseguenti stati di malessere e contenuti ansiosi.

Legate ai trapianti vi sono questioni di carattere etico e psicologico, spesso purtroppo sottovalutate, e restano lì senza alcun ascolto e sostegno. mentre la figura dello psicologo dovrebbe essere elemento centrale nella gestione del pre e del post trapianto, proprio per accogliere pensieri, considerazioni e consentirne la catarsi e la comprensione.

E poi...
... poi credo che occorra andare avanti. Se è accaduto che tu ci fossi ancora, è magari giusto portare avanti il tuo progetto di vita e non restare ferma in una situazione dolorosa.

Ma queste ultime sono logicamente solo delle considerazioni personali.

Ciao Mari aspettiamo di sapere cosa decidi.... noi stiamo tutti con te e con la cara famiglia che ha acconsentito al grande Dono!

Dott. A. Paliotti
psicologa



PS A tal proposito sarebbe importante però conoscere anche il punto di vista di qualcun altro. Qualcuno magari che ha conosciuto la famiglia del proprio donatore. O anche e soprattutto il punto di vista di un familiare del donatore...


Dott. Paliotti

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Messaggio Da may69 Mer Apr 18, 2012 2:22 pm

ciao, io ho acconsentito alla donazione degli organi di mio marito, deceduto all'età di 38 anni, e penso spesso a chi ha ricevuto il suo fegato e vorrei tanto conoscerlo e sapere come sta.... se ci pensa mai a chi gli ha fatto questo dono....

may69

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