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Trapianti: la donazione "samaritana"
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Trapianti: la donazione "samaritana"
Il Consiglio Superiore di Sanità, in accordo con la comitato nazionale di bioetica, ha dato il via libera alla cosidetta donazione samaritana.
Una donazione da parte di chi, pur senza legami affettivi o di consanguineità, "samaritanamente" decide di donare un organo a chi ne ha bisogno.
Una notizia che desta sconcerto e perplessità, nonostante venga poi aggiunto nel comunicato che saranno previste un'accurata valutazione psicologica e psichiatrica del donatore, il rispetto della privacy e nessun contatto tra donatore e ricevente.
In parole povere ad offrire questo grande, immenso dono, sarebbe una persona dal cuore buono che decide deliberatamente di mutilarsi, di rischiare di andare incontro a seri problemi di salute, senza lo scopo di un forte legame affettivo.
La cosa sembra alquanto insolita, anche perché chi dona un rene è per lo più una madre a un figlio. Non viceversa. Non ho mai sentito di donatori fratelli o sorelle.
Per cui, mi chiedo, per quale motivo, in un contesto sociale come quello di oggi dove purtroppo non si fa nulla per senza nulla, a volte neanche un piccolissimo favore senza richiedere qualcosa in cambio, come è possibile che esistano tanti cuori buoni, tanti gesucristi pronti a sacrificare la propria integrità fisica per uno scopo esclusivamente umanitario, talmente tanti poi da farci una legge?
Scusatemi ma non ci credo.
E' contrario proprio al sano istinto di sopravvivenza!
Credo invece all'eventualità drammatica che tale legge possa essere una specie di viatico ad una procedura legale e aprire la strada a un penoso commercio.
Ma non ci può essere prezzo che possa ripagare il costo dell'incolumità fisica.
La vera motivazione samaritana può derivare solo da un immenso atto d'amore.
Si legge sul sito del Centro Nazionali Trapianti:
"Nel settore dei trapianti di organo il termine "samaritano" viene riferito al donatore vivente di rene che offre l'organo alla collettività, e non ad uno specifico ricevente, senza alcun tipo di remunerazione o contraccambio.
In ambito internazionale questo tipo di donazione è ammessa negli Stati Uniti, in Olanda e in alcuni paesi scandinavi. L'organo reso disponibile dal samaritano viene trapiantato ad un ricevente in lista di attesa scelto secondo criteri predeterminati. In questo modo l'organo prelevato dal samaritano rende possibile il trapianto di un singolo paziente".
Mi chiedo cosa ne pensa il dott. Nanni Costa... e voi cosa ne pensate?
Una donazione da parte di chi, pur senza legami affettivi o di consanguineità, "samaritanamente" decide di donare un organo a chi ne ha bisogno.
Una notizia che desta sconcerto e perplessità, nonostante venga poi aggiunto nel comunicato che saranno previste un'accurata valutazione psicologica e psichiatrica del donatore, il rispetto della privacy e nessun contatto tra donatore e ricevente.
In parole povere ad offrire questo grande, immenso dono, sarebbe una persona dal cuore buono che decide deliberatamente di mutilarsi, di rischiare di andare incontro a seri problemi di salute, senza lo scopo di un forte legame affettivo.
La cosa sembra alquanto insolita, anche perché chi dona un rene è per lo più una madre a un figlio. Non viceversa. Non ho mai sentito di donatori fratelli o sorelle.
Per cui, mi chiedo, per quale motivo, in un contesto sociale come quello di oggi dove purtroppo non si fa nulla per senza nulla, a volte neanche un piccolissimo favore senza richiedere qualcosa in cambio, come è possibile che esistano tanti cuori buoni, tanti gesucristi pronti a sacrificare la propria integrità fisica per uno scopo esclusivamente umanitario, talmente tanti poi da farci una legge?
Scusatemi ma non ci credo.
E' contrario proprio al sano istinto di sopravvivenza!
Credo invece all'eventualità drammatica che tale legge possa essere una specie di viatico ad una procedura legale e aprire la strada a un penoso commercio.
Ma non ci può essere prezzo che possa ripagare il costo dell'incolumità fisica.
La vera motivazione samaritana può derivare solo da un immenso atto d'amore.
Si legge sul sito del Centro Nazionali Trapianti:
"Nel settore dei trapianti di organo il termine "samaritano" viene riferito al donatore vivente di rene che offre l'organo alla collettività, e non ad uno specifico ricevente, senza alcun tipo di remunerazione o contraccambio.
In ambito internazionale questo tipo di donazione è ammessa negli Stati Uniti, in Olanda e in alcuni paesi scandinavi. L'organo reso disponibile dal samaritano viene trapiantato ad un ricevente in lista di attesa scelto secondo criteri predeterminati. In questo modo l'organo prelevato dal samaritano rende possibile il trapianto di un singolo paziente".
Mi chiedo cosa ne pensa il dott. Nanni Costa... e voi cosa ne pensate?
Un recluso si offre come donatore samaritano
E' notizia di ieri. Un recluso in un carcere di Torino, che dovrebbe scontare una pena fino al 2005, si è proposto come donatore samaritano. Vuole offrire il proprio rene ad un caro amico in dialisi.
L'intento è una sorta di riabilitazione sociale. Accusato di tentato omicidio la famiglia gli ha voltato le spalle e ora si trova ad affrontare questo periodo difficile senza neanche il conforto dei propri affetti.
Potrebbe, è senz'altro, un gesto nobile, un gesto in cui è presente come una sorta di espiazione. Ma non è il primo caso.
Già nel febbraio scorso è apparsa una notizia in cui una donna offriva volontariamente un proprio rene a un donatore sconosciuto.
Di seguito le parole dello psicologo che si trova per la prima volta, sempre a Torino, alle Molinette, a valutare l'effettiva volontà e consapevolezza della donatrice samaritana
'La prima cosa e' ascoltare''. Ascoltare e capire, per non farsi in nessun caso influenzare da ''facili pregiudizi''. Luca Giordanengo e' lo psicologo che valuterà la richiesta della donna piemontese di donare un rene ad un paziente-ricevente sconosciuto ''E' il primo caso di donazione 'samaritana' che affronto. - spiega lo psicologo, dirigente del Servizio di Psicologia medica per i trapianti all'Ospedale Molinette di Torino - In media, nel nostro servizio, seguiamo una decina di coppie donatore-ricevente l'anno e si tratta di persone comunque legate da vincoli familiari o di amicizia''.
Ma qual e' il compito dello 'psicologo dei trapianti'?
''Facciamo colloqui - chiarisce Giordanengo - sia con il donatore che con il ricevente per arrivare a definire le motivazioni alla base della donazione e dell'accettazione dell'organo da parte del ricevente''. Prima cosa da valutare, rileva l'esperto, ''e' la capacita' di intendere e volere del soggetto donatore ed il fatto che sia informato rispetto ai rischi. Ma valutiamo con attenzione anche la natura del vincolo affettivo e le ricadute che il gesto della donazione avrebbe a livello familiare nella particolare situazione considerata''.
''L'amore ed il vincolo affettivo - afferma lo psicologo - sono le motivazioni principali, insieme alla consapevolezza che la donazione dell'organo al familiare porterebbe ad un miglioramento notevole della qualita' di vita non solo del paziente che riceve l'organo ma della sua intera famiglia, poiché quando va in dialisi una persona, è come se andasse in dialisi anche tutta la sua famiglia''..
E poi aggiunge
''Ci sono capitate situazioni - racconta - in cui abbiamo ritenuto di impedire il trapianto poiche' i legami tra i soggetti erano poco chiari o emergevano aspetti di tipo psico-patologico''.
''Personalmente, sono abbastanza aperto a tale modalita' di donazione e non parto con alcun pregiudizio, ne' positivo ne' negativo''.
Occorre quindi ascoltare, e ben comprendere le motivazioni di un potenziale donatore.
Ma in ogni caso lo psicologo è possibilista e ottimista.
"Se le motivazioni sono valide e congrue, non vedo perche' non si possa fare''. Altra questione da affrontare sono poi le garanzie da assicurare ai pazienti, a partire da un ''anonimato rigoroso'': ''Per evitare - conclude Giordanengo - che si possano creare circuiti pericolosi''. (ANSA).
Liberamente tratto da: www.unita.it/notizie_flash/87861/trapiantisamaritanipsicologo_vedrodonatriceno_tabuansa
L'intento è una sorta di riabilitazione sociale. Accusato di tentato omicidio la famiglia gli ha voltato le spalle e ora si trova ad affrontare questo periodo difficile senza neanche il conforto dei propri affetti.
Potrebbe, è senz'altro, un gesto nobile, un gesto in cui è presente come una sorta di espiazione. Ma non è il primo caso.
Già nel febbraio scorso è apparsa una notizia in cui una donna offriva volontariamente un proprio rene a un donatore sconosciuto.
Di seguito le parole dello psicologo che si trova per la prima volta, sempre a Torino, alle Molinette, a valutare l'effettiva volontà e consapevolezza della donatrice samaritana
'La prima cosa e' ascoltare''. Ascoltare e capire, per non farsi in nessun caso influenzare da ''facili pregiudizi''. Luca Giordanengo e' lo psicologo che valuterà la richiesta della donna piemontese di donare un rene ad un paziente-ricevente sconosciuto ''E' il primo caso di donazione 'samaritana' che affronto. - spiega lo psicologo, dirigente del Servizio di Psicologia medica per i trapianti all'Ospedale Molinette di Torino - In media, nel nostro servizio, seguiamo una decina di coppie donatore-ricevente l'anno e si tratta di persone comunque legate da vincoli familiari o di amicizia''.
Ma qual e' il compito dello 'psicologo dei trapianti'?
''Facciamo colloqui - chiarisce Giordanengo - sia con il donatore che con il ricevente per arrivare a definire le motivazioni alla base della donazione e dell'accettazione dell'organo da parte del ricevente''. Prima cosa da valutare, rileva l'esperto, ''e' la capacita' di intendere e volere del soggetto donatore ed il fatto che sia informato rispetto ai rischi. Ma valutiamo con attenzione anche la natura del vincolo affettivo e le ricadute che il gesto della donazione avrebbe a livello familiare nella particolare situazione considerata''.
''L'amore ed il vincolo affettivo - afferma lo psicologo - sono le motivazioni principali, insieme alla consapevolezza che la donazione dell'organo al familiare porterebbe ad un miglioramento notevole della qualita' di vita non solo del paziente che riceve l'organo ma della sua intera famiglia, poiché quando va in dialisi una persona, è come se andasse in dialisi anche tutta la sua famiglia''..
E poi aggiunge
''Ci sono capitate situazioni - racconta - in cui abbiamo ritenuto di impedire il trapianto poiche' i legami tra i soggetti erano poco chiari o emergevano aspetti di tipo psico-patologico''.
''Personalmente, sono abbastanza aperto a tale modalita' di donazione e non parto con alcun pregiudizio, ne' positivo ne' negativo''.
Occorre quindi ascoltare, e ben comprendere le motivazioni di un potenziale donatore.
Ma in ogni caso lo psicologo è possibilista e ottimista.
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