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Il trapiantato tra etica e psicologia
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Il trapiantato tra etica e psicologia
Nonostante sia ben presente a tutta la comunità scientifica l'importanza del trapianto d'organo come ultima spiaggia per determinate patologie o come risoluzione di terapie altamente invalidanti, continua ancora oggi a distanza di 50 anni dal primo trapianto effettuato, il dibattito sulla questione etica.
Tali discussioni, che si inoltrano in concetti che, nel prendere in considerazione il mistero della vita e della morte, restano per l'uomo comune oggettivamente impossibili da definire, costituiscono però, nelle loro elucubrazioni di frequente spettacolarizzate dai media, fonte di malesseri psicologici in chi si è sottoposto o si deve sottoporre a un trapianto e in chi vive loro accanto.
Il dibattito filosofico può essere estremamente interessante a livello speculativo, ma è opportuno che resti ad appannaggio di scienziati e studiosi che con competenza ne valutino i vari aspetti. Ma occorre peraltro estrema cautela quando attraverso sterili elucubrazioni, si rischia di determinare uno stato di instabilità emotiva, si insinua un dubbio che crea malessere in chi è già stato provato ed è debilitato da anni di terapie e si ritrova per la propria sopravvivenza a dover prendere una decisione che di certo non è facile, ma quando sai che non hai scelta, resta l'unica possibile.
Nel tempo ho sentito le considerazioni più varie, anche in persone appartenenti a contesti religiosi, dove l'ignoranza si fonde alla superstizione e crea delle argomentazioni al limite con la fantascienza.
Racconti che proprio non giovano a chi deve necessariamente affrontare questo iter.
Accettare un trapianto non è facile e per alcuni è causa di notti insonni e penose discussioni, ma lo è ancor più quando entrano in ballo l'ignoranza e la presunzione di coloro che, seppur poco edotti in materia, in maniera superficiale presumono a priori di sapere cosa sia giusto e cosa no.
E con una certezza che a volte lascia sconcertati.
Per fortuna sono una minoranza.
Ma pensiamo a come si possa sentire colui che ha ricevuto un trapianto, e quale possa essere il suo vissuto interiore, in relazione ai dibattiti divulgativi e alle questioni simil etico-filosofiche sopra menzionate.
Pensiamo agli effetti che tali considerazioni possono avere sulla stabilità e l'equilibrio psichico del trapiantato e sull'accettazione del trapianto stesso. Ricordiamo che si tratta di persone già ampiamente provate e debilitate, spesso vulnerabili emotivamente.
La risposta defiitiva alla questione etica forse non esiste - si possono solo valutare dei parametri oggettivi, come il concetto di morte cerebrale o il rispetto per le liste di attesa o anche la necessità di una estrema attenzione dei governi per evitare il traffico di organi - ma chiunque sia passato attraverso dei gravi problemi di salute, ad un certo punto "sa" che la vita va rispettata e ogni giorno ne riscopre il suo senso.
E quale senso maggiore dare a una vita quando, anche nel momento della fine, attraverso una donazione consente la guarigione - una vera rinascita! - per un'altra persona?
Io penso che non vi sia gioia più grande!
E allo stesso modo va accettato il Dono.
Con una grande gratitudine e rispetto per chi non c'è più, con una maggiore attenzione nel salvaguardare la propria salute, il proprio benessere, visto che ha avuto un prezzo così alto.
E poi magari pian piano imparare in che modo questo grande Dono ricevuto possa essere restituito.
Ma soprattutto è importante, per chi ha ricevuto o è in procinto di ricevere il Dono, di confrontarsi sulle mille domande che si pone e non coltivare nel chiuso di sé dei dubbi e dei pensieri che possono essere causa di malesseri importanti.
Occorre ricordare che il malessere incide sul sistema immunitario già depresso nei trapiantati.
Parliamone quindi.
Se vi è un dubbio, una perplessità, se abbiamo ascoltato una chiacchiera che ci ha lasciato con un grande malessere, parliamone!
In tal modo si sciolgono tensioni interiori e si contribuisce all'informazione sulla donazione, sulla formazione e sulla ricerca, e soprattutto sugli aspetti psicologici ancora troppo scarsi nel nostro paese.
Dott. A. Paliotti
psicologa
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