Il Dono di un trapianto
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Messaggio Da improta67 Dom Feb 14, 2010 1:50 am

Cari Amici, Amiche.
Sono Rosario Importa trapiantato di fegato e rene da 18 anni.
Un trapianto in quegli anni era cosa non facile, sia per la grande mancanza d’organi e anche per la poca esperienza. In Italia i centri che eseguivano trapianti erano pochi, c’erano molti viaggi della speranza verso la Francia, Belgio, Germania, ecc. Non ho mai condiviso questa denominazione, lottare per la vita, o staccarsi da una macchina che ti lega alla sopravvivenza, è giusto. Io dovevo subire un trapianto combinato rene e fegato ma erano successe vari eventi nella mia vita, e nell’attesa che arrivassi al trapianto. Nel 1973 ho avuto l’asportazione della milza. Nel 1986 mi trovavo a Londra lavoravo ero in un momento magico, avevo conosciuto una ragazza stupenda, progettavamo di voler andare in America, stavamo comprando piccoli oggetti per la nostra stanza. Ogni volta che acquistavamo un qualsiasi piccolo oggetto era un emozione. Arrivo quel maledetto giorno, era sera incominciavo avere delle fitte forte all’addome, dicevo alla mia compagna che sarebbe passato, proseguirono anche il mattino lei mi convinse a recarci in ospedale. Mi fecero un prelievo dicendomi che il livello del sangue era basso, mi diedero degli antidolorifici. La mia compagna, la mia salvezza, mia moglie mi convinse nel ritornare in Italia nello stesso giorno. Arrivai a Napoli alle 11,00 circa, andai a casa cercando di riposare. Avrei voluto che al risveglio mi sarebbe passato invece mi feci accompagnare al pronto soccorso: il tempo della visita del chirurgo una radiografia passando direttamente in sala operatoria. L’operazione duro circa tre ore l’unica cosa che ho sentito nel dormiveglia che se avessi tardato ancora 2 ore non c’è l’avrei fatta. Mi sono ritrovato solo con 2 metri e mezzo d’intestino in meno. La mia compagna dopo una settimana che aveva solo qualche notizia telefonica ha capito che c’èra qualche cosa di strano conoscendomi, anche lei è tornata in Italia andando prima a casa sua vicino Frosinone, è venendo il giorno dopo in ospedale. La gioia che ho provato vedendola non si può descrivere. Dall’uscita dell’ospedale dopo essermi rimesso un po’ dall’intervento siamo tornati molto lentamente alla normalità cercando di capire la motivazione di questo evento. Avevamo ufficializzato il nostro amore, facevamo lavori saltuari, il treno e il telefono faceva parte della nostra vita vista la distanza. Progettavamo il nostro futuro, dopo un periodo di serenità mi sentivo sempre stanco, per un ragazzo giovane non era compatibile. La creatine mia confermava, un nefrologo mi diede la dieta con prodotti aproteici, questa era l’anticamera della dialisi. Quando il nefrologo comincio a parlare del bisogno di fare la dialisi, il cielo intorno a me si oscuro in un attimo facendomi sprofondare in un baratro. Significava tre volte a settimana sottoporti per 4 ore a questa terapia salva vita, non poter più andare quando volevo dalla mia compagna. Non è semplice accettare l’emodialisi la sola terapia che ti ridà la liberta il ritorno alla vita è il trapianto. Ho reagito conducendo una vita quasi regolare grazie anche alla mia compagna che è stata sempre parte attiva della mia vita. Dopo aver fatto un periodo di dialisi chiesi al centro di farmi una lettera per inviare in Belgio per fare la tipizzazione e poter entrare in lista di trapianto. Dovetti insistere per averla comunque la ebbi, cosi la inviammo.
Delle volte l’emodialisi la facevo anche a Frosinone così potevamo essere più tempo insieme. Arrivo il giorno della convocazione all’ospedale Eresme ero molto euforico, prenotammo il treno è partimmo. Durante il periodo di ricovero chiesi se era possibile uscire tre ore, così andammo a fare una bella passeggiata. Il penultimo giorno mi fecero un analisi strumentale chiamato colangiografia retrograda, cioè una sonda dal naso che andava a perlustrare le vie biliari. Dopo questo esame mi vennero pochi decimi di febbre che dicevano che era normale. Venne un Dottore prima che partivamo il giorno dopo dicendomi che avevo il Morbo di Caroli alle vie biliari, che mi avrebbero fatto sapere. Questo fu ancora un boccone amaro da buttare giù. La sera andammo a riprendere il treno del ritorno, durante la notte la febbre arrivo alle stelle,accompagnata da brividi che mi attraversavano tutti il corpo. La mia forza era il mio angelo custode, la mia compagna. Arrivammo a Napoli dove periodicamente avevo questa febbre anche mentre facevo l’emodialisi con picchi fino a 40 durante la dialisi. Fui ricoverato al 2 Policlinico ma non capivano il perché, dopo 15 giorni è tanti analisi strumentali. Loro pensavano che potevano essere delle cisti che avevo sul fegato. Dovevo fare qualche cosa, scrissi a un epatologa inglese Sheila Sherlock che mi rispose che non c’era niente da fare, ancora un duro colpo. Passo qualche settimana è tornai alle mie ricerche trovando il Prof. Rizzetto solo che per una visita ci voleva molto tempo,all’ora optai per il Prof.Verme sempre alle Molinette di Torino. La nota dolente che per una visita pubblica era complicata allora andammo facendo una visita privata nel suo studio. La cosa che mi colpi che nonostante avesse davanti a lui una coppia di giovani che gli chiedeva aiuto lui ha risposto: perché siete venuti qui dal sud!! Io non sarei dovuto andare perché facevo la dialisi quindi era tutto più complicato anche nell’organizzazione, molto freddamente ci saluto pagammo l’onorario e andammo all’hotel. La sera la febbre torno cosi ci presentammo al Pronto soccorso dove dopo avermi preso la temperatura altissima mi ricovero subito in medicina d’urgenza avvisando i nefrologi che il giorno dopo avrei dovuto fare dialisi. Dopo tre giorni di permanenza in quel reparto con grande meraviglia del Prof. Verme, grazie alla sensibilizzazione dei nefrologi mi passarono al reparto del Prof. Fui affidato nelle mani del Dott. Antonio Ottobrelli allora praticante. Leggevo sul suo volto una grande passione per il suo lavoro e con quell’umanità che un Dottore dovrebbe avere. Il mio Angelo era sempre al mio fianco nel sostenermi psicologicamente, moralmente, sempre. Passavano i giorni , le settimane fino a quando il Dott. Ottobrelli ci disse che restava solo da fare la colangiografia come la feci in Belgio. Fecero una cultura della bile che fece rilevare presenza di pseudomonas aeuriginosa un battere killer non facile da sconfiggere, che si nasconde nelle sale sterili dove questa colangiografia viene eseguita. Cominciarono subito con antibiotici molto forti, prescrivendoli per il mio ritorno a Napoli. Un sorriso torno sulle nostro viso, almeno un piccolo passo avanti. Arrivammo a Napoli andai per chiedere la prescrizione degli antibiotici mi venne detto che non era prescrivibile perché veniva utilizzato solo in ospedale se ricoverati. Ancora una situazione assurda: in Piemonte era prescrivibile in Campania no. Dovevo assumerlo per tre mesi, si doveva solo comprare. Alla fine siamo riusciti ad accaparrarci con grande difficoltà l’antibiotico occorrente.
C’è stato qualche mese di calma con pochi attacchi febbrili, in questo frattempo ci siamo sposati il 16/12/1989 nei due giorni che non facevo la dialisi. Mi ero trasferito vicino Frosinone la febbre ritornava più frequentemente sempre altissima. Telefonammo a Torino, loro mi organizzarono un ricovero dove fecero valutare se sarebbe stato possibile potermi fare il doppio trapianto in Belgio dove la loro equipe eseguiva i trapianti, perché loro ancora non avevano avuto l’autorizzazione. Attendavamo solo la loro valutazione, chiesi un permesso di qualche ora dove capitò un incontro. Prendemmo l’autobus scendendo a una fermata non prestabilita, c’era una chiesa e io chiesi a mia moglie di entrare. Era settembre una bella giornata, c’erano dei bei fiori prima di entrare in chiesa, entrammo io mi fermai davanti una statua di una Santa che non conoscevo è dissi a mia moglie: non preoccuparti andrà tutto bene domandandogli della Santa dicendo che saremmo andati a trovare Santa Rita da Cascia visto che la sua casa non era quella. Ritornammo in ospedale dove ci venne detto che dopo un convegno in Belgio avevano presentato il mio caso che non è stato preso in considerazione visto la grande difficoltà e le operazioni precedenti, incassammo molto duramente.
Il giorno dopo mi rivolsi di nuovo al Dottor Ottobrelli io voglio vivere dove potrei andare ? lui rispose: in Francia da Bismuth o Pitthsburg.
Optammo per Parigi chiedendogli di fare il possibile di prendermi un appuntamento, dopo pochissimo tempo ci riuscì e partimmo per Parigi.
Avevamo la consultazione con un Dottore, dove lui decise il ricoverarmi subito. Incominciarono subito nel sottopormi a tutti gli esami occorrenti per entrare in lista. Sono entrato in lista velocemente, durante l’attesa ho fatto la dialisi in un centro privato di dialisi per qualche mese, ma tutto il resto dell’attesa è stato nell’ospedale dove mi seguivano i nefrologi durata ben 15 mesi. Mi è successo di tutto, non mi sono fatto mancare niente. Sono arrivato a quel momento che nonostante l’eritropoietina e le continue trasfusioni la mia emoglobina faceva disperare, quando mi trattavano con gli antibiotici per la febbre si bloccavano le gambe. Ci ho sempre creduto con tutto me stesso. Arrivo il mio momento, mia moglie mi accompagno all’entrata della sala operatoria erano le 7 del mattino, gli diedi un bacio dicendogli: non preoccuparti ci vediamo dopo. Mia moglie resto fuori a quella sala operatoria 23 ore con gli amici che mi avevano conosciuto. Dopo il trapianto siamo restati ancora 3 mesi prima di ritornare in Italia. Siamo rimasti 18 mesi a Parigi senza ritornare mai un solo giorno, chi mi ha donato parte di se, ha fatto si che il nostro Amore testimoniasse che l’altruismo, la fede, l’amore per il prossimo mi ha fatto continuare il cammino della Vita

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Messaggio Da Dott. Paliotti Dom Feb 14, 2010 11:45 pm

Caro Rosario
grazie per la condivisione della tua storia. Mi ha colpito profondamente.
Ognuno di noi ha fatto esperienze e ha ascoltato storie di percorsi difficili, ma man mano che ti leggevo oltre l'ammirazione per la tua grande forza, mi ha colpito la tua determinazione nel prendere in mano la tua vita.
Ed in effetti è l'unica soluzione possibile.
Ognuno è artefice del proprio destino e nelle sitruazioni difficili, non basta affidarsi del tutto ad altri. Pur essendo medici possono sbagliare.
Il tuo spirito di iniziativa, la tua voglia di vivere data anche dall'amore che c'è tra te e tua moglie ti hanno salvato.
Spero che ora tu stia bene e che tutto ciò sia solo un ricordo. Anche se certe situazioni non si dimenticano mai.
Sono certa che sei andato poi a ringraziare Santa Rita.
Se qualcuno ha voluto che tu ci fossi ancora vuol dire che hai ancora tanto da fare e da dare, per te, per i tuoi cari, e chissà... per altri ancora.
Ed ecco che il grande Dono ricevuto viene ogni giorno onorato e acquista il suo senso.
Un caro saluto e un abbraccio
Tina

Dott. Paliotti

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